Diritto alla provvigione dell’agente immobiliare: l’affare

Il punto di partenza della nostra riflessione è costituito dall’art. 1755 c.c., secondo cui il mediatore immobiliare ha diritto alla provvigione da ciascuna delle parti se l’affare è concluso per effetto del suo intervento.

Dalla lettura della norma, emerge, in primo luogo, il concetto di “affare”. La maturazione del diritto alla provvigione presuppone che ci sia, appunto, la conclusione di un affare.

Secondo la giurisprudenza dominante, l’affare è concluso nel momento in cui si costituisce tra le parti un vincolo obbligatorio.

Nella mediazione, la maturazione del diritto alla provvigione non deriva tanto dalla conclusione del contratto, ma “dall’affare”, termine che comprende qualsiasi operazione di contenuto economico che si risolva, a prescindere dalla forma negoziale adoperata, in un’utilità di carattere patrimoniale in relazione all’obiettivo prefisso dalle parti; ne consegue che la conclusione di una compravendita tramite locazione finanziaria può considerarsi, in relazione agli obiettivi perseguiti dalle parti, affare identico alla compravendita stessa ai fini della maturazione del diritto alla provvigione in capo al mediatore (Cass. Civ. 11521/2008).
Come è stato, inoltre, chiarito può essere sufficiente la stipulazione di un contratto preliminare (comunemente conosciuto con l’impropria terminologia di compromesso).

Nel contratto di mediazione, il diritto alla provvigione di cui all’art. 1755 cod. civ. sorge nel momento in cui può ritenersi intervenuta la conclusione di un affare, ossia quando fra le parti messe in contatto dal mediatore si sia costituito un vincolo giuridico che abiliti ciascuna ad agire per l’esecuzione (o risoluzione) del contratto stesso; ne consegue che la provvigione spetta al mediatore anche quando sia intervenuto per consentire la stipula tra le parti di un contratto preliminare (Cass. Civ. 13260/2009)
Alla luce della giurisprudenza citata, pertanto, si evince l’esistenza di quadro particolarmente favorevole all’agente immobiliare, atteso che la nozione di affare ai sensi del richiamato art. 1755 c.c., non risulta collegata alla stipulazione di un contratto definitivo.

Vero è, tuttavia, che, all’atto del conferimento dell’incarico all’agenzia immobiliare, potranno essere validamente inserite delle clausole tese a posticipare il diritto alla provvigione del mediatore alla stipulazione del contratto definitivo.

In materia di contratto di mediazione le parti, in deroga alla disciplina legale, possono decidere di posticipare l’acquisto del diritto del mediatore alla provvigione, di cui all’art. 1755 c.c., al momento della sottoscrizione del contratto definitivo anziché a quello della conclusione del preliminare (Cass. Civ. 24397/2015)
Ma attenzione! Deve trattarsi di un atto che ponga in essere un vincolo! Ciò non avverrebbe nel caso di semplici lettere di intenti o accordi di puntuazione e, quindi, non sorgerebbe il diritto alla provvigione dell’agente immobiliare.

L’intervento dell’agente immobiliare
Il secondo fondamentale presupposto è costituito dalla necessità che tra la conclusione dell’affare e l’attività del mediatore immobiliare vi sia un vero e proprio nesso di causalità. La legge, come detto, utilizza l’espressione “per effetto del suo intervento”.

Secondo la giurisprudenza, è necessario che l’attività del mediatore immobiliare costituisca pur sempre l’antecedente necessario per giungere alla conclusione dell’affare.

In tema di mediazione, ove sia concluso l’affare tra le parti comunque messe in contatto da un intermediario, il diritto di quest’ultimo alla provvigione sorge anche in assenza di un incarico espresso o ricostruibile, purchè l’attività svolta dal richiedente detta provvigione abbia avuto efficacia concausale ai fini della conclusione dell’affare (Cass. 1290/2001).
Tra l’altro, anche la semplice segnalazione del nominativo dell’altro contraente, secondo la Cassazione, potrebbe legittimare il diritto alla provvigione dell’agente immobiliare.

Il diritto del mediatore alla provvigione sorge quando la conclusione dell’affare sia ponga in rapporto causale con l’opera dallo stesso svolta, senza che sia necessario il suo intervento in tutte le fasi delle trattative, fino all’accordo definitivo. Ne consegue che anche la semplice attività consistente nel reperimento e nella indicazione dell’altro contraente, ovvero nella segnalazione dell’affare, legittima il diritto alla provvigione, sempre che la descritta attività costituisca il risultato utile di una ricerca fatta dal mediatore e poi valorizzata dalle parti. Né, una volta concluso l’affare, assume rilevanza, sotto il profilo dell’incidenza sulla efficienza causale esclusiva o concorrente dell’opera dello stesso, l’assoluta identità delle condizioni alle quali la trattativa sia stata portata successivamente a termine e con l’intervento di altro mediatore (come nella specie), non essendo un unico elemento di parziale differenziazione da solo idoneo ad interrompere il nesso eziologico tra l’attività originariamente svolta dal soggetto che per primo ha messo in relazione le parti tra di lodo e l’affare tra esse concluso (Cass. Civ. 25799/2014)

Il caso dell’intervento “inutile”
Altra questione da esaminare è quella di un’attività che non abbia avuto alcuna incidenza ai fini della conclusione dell’affare.

non sussiste, invece, il diritto al compenso quando, dopo una prima fase di trattative avviate con l’intervento del mediatore senza risultato positivo, le parti siano successivamente pervenute alla conclusione dell’affare per effetto d’iniziative nuove, in nessun modo ricollegabili con le precedenti o da queste condizionate, sicché possa escludersi l’utilità dell’originario intervento del mediatore (Cass. Civ. 16157/2010).
Un esempio pratico di mancato riconoscimento del diritto alla provvigione dell’agente immobiliare, si riscontra nella sentenza del 17 gennaio 2017 della sez. X del Tribunale Civile di Roma.

In questo caso un’agenzia immobiliare aveva richiesto il pagamento della propria provvigione, limitandosi ad allegare copia della corrispondenza e della documentazione scambiata tra le Parti. Il Tribunale Romano, tuttavia, ha respinto la domanda di pagamento della provvigione, sulla base dei seguenti elementi:

l’affare si era concluso a distanza di quasi un anno dalla scadenza dell’incarico di mediazione;
in realtà, la mancata conclusione dell’affare era dipesa dall’atteggiamento ostruzionistico dell’agenzia immobiliare, che aveva rifiutato di inoltrare la proposta ricevuta ai proprietari dell’immobile, perché ritenuta troppo bassa;
il contratto era stato concluso, solo perché il portiere dello stabile era intervenuto in prima persona, segnalando i nominativi delle persone che avevano visitato lo stabile ai proprietari dell’immobile, consentendo, quindi, di avviare una fase totalmente diversa della trattativa.
Pertanto, il Tribunale ha così concluso:

“Incombe sul mediatore l’onere di dimostrare compiutamente l’esistenza di un utile e valido contributo causale tra la propria attività e la conclusione dell’affare”

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